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sabato 21 gennaio 2017

04 EPIC informa: Ecodesign


10 Business Plan parte 2


giovedì 14 febbraio 2013

Verso la formazione dei manutentori e installatori FER


La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 24 gennaio, ha approvato un documento sullo standard formativo per l’attività di installazione e manutenzione straordinaria di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili. Saranno adesso le Regioni a fornire le indicazioni operative per predisporre le conseguenti offerte formative.
Parte quindi il cosidetto "patentino delle rinnovabili" che sarà strutturato in un modulo di base e 4 moduli di specilizzazione:
- impianti a biomasse
- pompe di calore
- solare termico
- solare fotovoltaico
Interesserà installatori e manutentori di impienti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

venerdì 4 maggio 2012

SIMERI: i dati della produzione italiana da fonte rinnovabile


Recentemente il GSe ha reso disponibile il portale SIMERI. SIMERI è il sistema italiano per il monitoraggio statistico delle energie rinnovabili: Elettricità, Riscaldamento - Raffreddamento e Trasporti. Permette di seguire l'evoluzione dei consumi soddisfatti con le fonti rinnovabili attraverso "cruscotti" interattivi. Nelle sezioni documentali sono reperibili tutti i riferimenti informativi. SIMERI consente di monitorare lo stato di raggiungimento dell'obiettivo nazionale del 17% al 2020 imposto dalla direttiva UE 28/2009.
Il sito è consultabile qui.

venerdì 23 marzo 2012

Ciclo Rankine a cippato di legno


Descrizione impianto

L'impianto in oggetto è del tipo a ciclo vapore Rankine, basato sulla combustione in caldaia di un combustibile (ad esempio biomassa legnosa come quella scelta nel presente studio - cippato con umidità max 55%, con ottimale tra il 40-45%) allo scopo di produrre vapore da espandere in una turbina collegata ad un alternatore, con produzione di energia elettrica.

Caldaia
L’apporto del combustibile al focolare è garantito da un sistema automatico di caricamento operante in continuo che, in maniera automatizzata, si adatta alle richieste del sistema di regolazione della combustione. La caldaia prevista è costituita sostanzialmente da due banchi di tubazioni: la prima caratterizzata da scambio termico prevalentemente per irraggiamento (allo scopo di surriscaldare il vapore), la seconda caratterizzata da scambio termico a convezione (dedicato alla vaporizzazione dell'acqua di alimento).

Condensatore
Il condensatore scelto è un’aero-condensatore dimensionato per condensare la massima portata allo scarico turbina alla pressione di 0,2 bara. Il condensatore è completo di gruppo del vuoto con pompa ad anello liquido.

Sezione Fumi
Il trattamento dei fumi di combustione è composto essenzialmente da:
  • elettrofiltro: è alloggiato all’interno dell’edificio su un’apposita struttura ed è dimensionato per garantirne il corretto funzionamento anche nelle condizioni d’esercizio più severe. Le ceneri separate sono raccolte nella tramoggia sottostante ove una coclea provvede al loro conferimento al redler che a sua volta le scarica nel silo
  • reucperatore fumi: ha il compito di riscaldarel’aria comburente fino a 120°C. Detto scambiatore è installato immediatamente prima del ventilatore esaustore e consente, a fronte di un maggior investimento iniziale, un ulteriore recupero energetico.

Turbina
Il vapore proveniente dalla caldaia viene immesso nella turbina attraverso una valvola di regolazione, controllata dal quadro controllo turbina. Il vapore si espande attraverso i vari stadi statorici e rotorici fino ad una pressione di scarico di circa 0,20 bara in funzione della temperatura dell’aria esterna.

Ausiliari
Comprendono: Sistema di produzione, comprensivo di serbatoio di accumulo, di acqua demineralizzata e linea di reintegro al degasatore con gruppo di regolazione modulante completo di piping e strumentazione. Il degasaggio dell'acqua di alimento viene effettuato termicamente tramite un prelievo di vapore a media pressione.
La turbina a vapore ed i suoi ausiliari (centralina olio, viratore, ecc.) vengono controllati e regolati per mezzo di un PLC che gestisce tutti i blocchi, le protezioni e le sequenze di avviamento, fermata, presa di carico e fermata di emergenza.

Modalità operativa
Il funzionamento dell’alternatore è previsto sempre collegato in parallelo con la rete esterna al fine di cedere l’energia elettrica prodotta in eccesso. Tuttavia, per condizioni particolari, il sistema potrà essere predisposto per la marcia in “isola” consentendo di operare con l’impianto anche senza la connessione con la rete elettrica.

mercoledì 29 febbraio 2012

La Life Cycle Analysis: ferro da lancia della Green Revolution


Quanto stiamo “consumando” quando usiamo l'auto? E quando prendiamo un caffè? E quando usiamo un elettrodomestico? In alcuni casi la risposta a queste domande può sembrare estremamente semplice: il consumo di un'automobile è scritto sul libretto ed è espresso in litri di benzina su 100 km. Ma questa è spesso una risposta ingannevole: un “consumo” realistico (che contabilizzi in qualche modo l'effetto complessivo sull'ambiente di un bene) deve tenere in debito conta anche tutte le risorse naturali utilizzate per la creazione del manufatto e tutte le risorse che servono per dismetterlo. E' in questa ottica che nasce l’innovativa filosofia di pensiero denominata “Life Cycle Thinking” (LCT). Il principio che ispira questa filosofia è quello di considerare un prodotto come un insieme di processi, di flussi in input ed output di materiali e forme di energia associate a tutti gli step del suo ciclo di vita, dalla progettazione sino alla dismissione e al recupero o smaltimento finale. Partendo da questo approccio si sviluppa, in particolare in campo ambientale, la metodologia LCA “Life Cycle Assessment” che permette uno studio esaustivo del prodotto considerando tutti i processi connessi col suo intero ciclo di vita. Questo comporta che non vengono presi in considerazione solo gli effetti ambientali del semplice impianto di produzione, bensì l’intero processo che porta ad un prodotto, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime (minerali, biomasse, flussi energetici, ecc.) fino allo smaltimento, passando attraverso l’utilizzo e il consumo. In questo panorama è molto importante definire con chiarezza i “confini” dello studio: lavorando in un contesto troppo ristretto, si potrebbe arrivare a delle conclusioni erronee a proposito di vantaggi o svantaggi; obiettivo degli studi LCA, invece, è il raggiungimento dell’ottimizzazione complessiva.
La SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry), che fu tra i primi a introdurre nei cicli progettuali la metodologia LCA, nel 1993 ne propose la seguente definizione: “procedimento oggettivo di valutazione di carichi energetici ed ambientali relativi ad un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione dell’energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. La valutazione include l’intero ciclo di vita del processo o attività, comprendendo l’estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale” (SETAC, 1991).
Risulta evidente il concetto del “ciclo di vita” sul quale si basa lo studio sul prodotto analizzato, analisi “dalla culla alla tomba” (from cradle to grave) cioè dall’estrazione delle materie prime necessarie sino allo smaltimento finale. Non si pensi esclusivamente ai normali beni strumentali che acquistiamo e utilizziamo normalmente: si prestano ad analisi LCA anche opere complesse (come tracciati autostradali e impianti industriali) o servizi: particolarmente promettente per le sue indicazioni è ad esempio lo studio LCA delle diverse tipologie di raccolta dei rifiuti urbani.
A partire dal 1990 numerose iniziative furono avviate per per arrivare alla standardizzazione della metodologia LCA e si ebbe di conseguenza la pubblicazione di numerosi testi scientifici e strumenti di calcolo. Molto importante fu ovviamente la creazione di banche dati per l’applicazione pratica. L'International Standard Organization arrivò nel 1997 a definire le norme della famiglia ISO 14000 e successivamente, tra il 1998 e il 2000, le norme specifiche di prodotto della serie ISO 14040 che riportano i principi, i requisiti e le linee guida per l’applicazione della metodologia LCA ad un servizio o un prodotto; particolarmente importanti per una analisi del ciclo di vita sono le due norme di riferimento, la ISO 14040:2006 – Principles and framework e la ISO 14044 – Requirements and guidelines.
Con lo sviluppo della metodologia LCA si è arrivati ad avere oggi una struttura ben definita e un procedimento consolidato sulle modalità di svolgimento di un’analisi. Non di meno il campo dell'LCA è ancora in sviluppo: un esempio deriva dai modelli di calcolo utilizzati per la fase di LCIA che sono in continuo e costante aggiornamento e sviluppo, dove con LCIA (Life Cycle Impact Assessment) si intende quella fase in cui viene prodotto il passaggio dal dato oggettivo calcolato durante la fase di inventario al giudizio di pericolosità ambientale .
Ma quali sono le fasi di uno studio LCA? La prima fase di uno studio LCA è la “definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione”; nel definire gli obiettivi dello studio si devono descrivere in modo chiaro l’utilizzazione prevista, le motivazioni che hanno portato allo studio, il pubblico a cui è destinato e la divulgabilità o meno dei risultati.
Segue poi un secondo step rappresentato dalla cosiddetta fase di “analisi dell’inventario”, detta anche fase di Life Cycle Inventory (LCI), che include la raccolta dei dati e i metodi di calcolo che permettono di quantificare i flussi di materia ed energia in entrata ed in uscita di un sistema di prodotto. Tale procedimento è un ”work in progress” che si completa via via che si procede con la raccolta dei dati : talvolta può rendersi necessario identificare nuovi requisiti o limitazioni riguardo i dati stessi, o modifiche nelle procedure di raccolta dati. Questa fase è particolarmente delicata per tutto quanto riguarda la definizione dei “system boundaries” ossia i confini entro i quali deve essere contenuta l'analisi.
A questa fase di definizione segue un processo di “valutazione dell’impatto del ciclo di vita” vero e proprio (LCIA, Life Cycle Impact Assessment), fase che include la raccolta dei risultati degli indicatori per le diverse categorie di impatto (cioè la classe che rappresenta i problemi ambientali di interesse ai quali possono essere assegnati i risultati dell’analisi dell’inventario del ciclo di vita; ciò si attua valutando l’entità dei potenziali impatti ambientali utilizzando i risultati dell’analisi dell’inventario del ciclo di vita).
Lo studio LCA si conclude ovviamente con l’”interpretazione dei risultati”, fase in cui i risultati ottenuti nelle precedenti fasi di analisi di inventario e di valutazione degli impatti vengono collegati tra loro al fine di trarne delle conclusioni e delle raccomandazioni, in riferimento all’obiettivo dello studio. Questa fase andrebbe condotta interagendo con gli altri elementi della fase di interpretazione in modo da valutare e comunicare i fattori significativi, la metodologia e i risultati.
Da quanto detto risulta chiaro che la quantificazione degli impatti è un punto critico del metodo: se stiamo valutando l'effetto ambientale di un'automobile come possiamo confrontare l'estrazione del minerale di ferro in Nuova Zelanda e le emissioni di ossidi d'azoto nel centro di Milano? Poichè la complessità delle relazioni tra i differenti impatti ambientali è enorme si utilizzano dei metodi standard per la valutazione degli impatti: tra questi vale la pena di ricordare gli Eco-indicator 99, il CML method, IMPACT 2002 e l'IPCC Greenhouse gas emission.
Quasi tutti questi metodi solitamente categorizzano gli stessi tipi di impatti. Un set di impatti molto comune è per esempio:
  • Riscaldamento globale (GWP)
  • Riduzione dell’ozono presente nella stratosfera (ODP)
  • Formazione fotochimica dell’ozono nella troposfera (POCP)
  • Eutrofizzazione (NP)
  • Acidificazione (AP)
  • Tossicità per l’uomo (HTP)
  • Eco-tossicità (ETP)
  • Utilizzo del territorio
Poichè descrivono processi complessi, le unità di misura sono spesso complicate: per esempio il GWP (Global Warming Potential) è la misura di quanto una data massa di gas serra contribuisce al riscaldamento globale.
In conclusione l’utilizzo dello strumento LCA come supporto per le scelte di un'organizzazione (sia essa un'azienda, un organo politico o un'amministrazione), può talvolta essere problematica, e dare origine a dati che suggeriscono prudenza nell’interpretazione dei risultati: la qualità dei dati utilizzati può avere un peso determinante nell’esito dei calcoli.
Ciononostante l’approccio, prettamente globale, della tecnica LCA, fa sì che l'analisi possa essere destinata ad orientare scelte aziendali o politiche (e in questo caso dovrebbe tenere conto, quanto più possibile, degli elementi caratteristici del contesto locale la cosidetta problematica della “spatial differentiation in LCA”).
Va comunque tenuto presente che negli studi LCA condotti su scenari futuri la definizione di determinate condizioni al contorno presenta inevitabilmente dei margini di discrezionalità che possono risultare molto ampi agli effetti del calcolo: ma non di meno questo genere di studi dovrebbe essere considerato dai “decision makers” di ogni livello come uno strumento strategico fondamentale, senza il quale le discussioni sugli “impatti ambientali” rischiano di rimanere vuoti esercizi retorici.

domenica 26 febbraio 2012

Quali interventi per il miglioramento dell'efficienza?


Quali interventi di miglioramento energetico implementare in un'azienda manifatturiera? Come scremare gli interventi ed ottenere i massimi risultati tecnico-economici?
Prima di procedere a individuare gli interventi più interessanti va effettuata una diagnosi energetica che individui le aree e le apparecchiature di maggior consumo su un arco di tempo significativo. I dati più importanti da analizzare sono:
aree / apparecchiature di maggior consumo;
anzianità e stato di conservazione delle apparecchiature
andamento del consumo energetico complessivo e (per quanto riguarda il consumo elettrico) consumo ripartito nelle fasce F1, F2 e F3 ed valore dello sfasamento cos phi
A fronte di questa analisi alcuni interventi da valutare sono:
sostituzione delle apparecchiature vetuste con apparecchiature nuove;
  • sostituzione di motori a bassa efficienza con motori a efficienza più elevata
  • inserimento di azionamenti ad inverter per utenze molto variabili;
  • gestione automatizzata di gruppi di apparecchiature, per esempio compressori aria compressa o centrali frigo.
Anche se non strettamente correlati alla riduzione dei consumi ma molto attinenti al campo energetico sono le seguenti valutazioni:
  • inserimento di rifasatori nel caso il cos phi sia basso e causa di penali;
  • valutazione della sostituzione di utenze elettriche con utenze termiche (per esempio compressori mossi da turbine a vapore). Tale intervento può anche avere lo scopo di bilanciare il T/E complessivo e rendere più conveniente un impianto di cogenerazione
Di ciascun intervento andrà definito costo d'investimento e d'esercizio, risparmio conseguibile, eventuali incentivazioni, ritorno economico (Pay-back, VAN, TIR).

L'autoproduzione di energia elettrica è da valutare ad esempio nei casi:
  • indisponibilità del fornitore a un aumento della potenza elettrica necerssaria oppure frequenti black-out di rete: in questo caso può essere interessante inserire un gruppo elettrogeno, ad esempio a gasolio;
  • disponibilità di scarti prodotti dall'attività e di difficile gestione/smaltimento: se il PCI di questi è sufficientemente elevato può essere interessante valutare l'investimento in un impianto di termovalorizzazione;
  • disponibilità in loco di fonti alternativi (crinali ventosi per l'eolico, tetti ben esposti per il FV);
  • elevati consumi elettrici e termici e contemporaneità di utilizzo di EE e calore: risulta molto interessante l'investimento in un impianto di cogenerazione a gas oppure a biocombustibili.