Intervento di Simone Padoan,
vice presidente APIndustria Venezia.
Se ENI porterà a
termine l'investimento per la “Green Refinery”, il nostro Territorio avrà vinto
un biglietto vincente alla lotteria, il cui valore supera quello di un intero
filare di Palais Lumière.
Che la
bioraffineria sia un investimento possibile per Porto Marghera era, sulla
carta, dimostrato ormai da anni: già nel 2007 ho inserito la proposta per lo
sviluppo di una bioraffineria integrata nel Protocollo di Condivisione delle
linee strategiche per la riqualificazione e lo sviluppo di Porto Marghera,
mentre la Grandi Mulini prospettava un impianto di produzione di bioetanolo.
Il problema
però, è che la produzione di biocarburanti deve tenere di conto di una quantità
di variabili che possono trasformare l'investimento in un incubo, a partire
dalla logistica, che se non è strategicamente piazzata, può incidere
significativamente sul costo del prodotto finito.
Per questo
motivo, nonostante tanti sforzi, identificare un investitore che dovesse farsi
carico di individuare l'area ideale sulla quale imbastire una trattativa di
acquisto, condizionata dall'incognita bonifica, è sempre stato come costruire
un castello di sabbia asciutta.
Considerando che
una delle poche aree adatte è la zona compresa tra la raffineria e la Petroven,
mi ricordo una riunione informale, tenutasi a settembre del 2009, proprio negli
uffici Petroven, durante la quale il massimo sforzo che si poteva immaginare da
parte di ENI sarebbe potuto essere quello di locare un appezzamento di terra,
ma sicuramente non quello di investire del suo, anzi, l'impressione che
permeava era quella che a Porto Marghera, ENI, non avrebbe più investito su
alcunché.
A partire da
quella data, ho sempre temuto di aprire il giornale la mattina e vedere la
notizia della dismissione della Raffineria e, nell'ultimo anno, più di qualche
volta o pensato che i miei timori fossero sul punto di esser dimostrati,
soprattutto quando, a distanza di pochi mesi, era stato annunciato che ENI
avrebbe investito 1,2 miliardi di Euro a Proto Torres per avviare una
bioraffieria, mentre avrebbe chiuso Porto Marghera per sei mesi.
Non a caso, nel
dossier sui biocarburanti, pubblicato, alla fine dello scorso anno, proprio
sulla rivista Equilibri della Fondazione ENI Enrico Mattei, auspicavo che ENI
prendesse in considerazione anche Porto Marghera per investimenti simili.
In linea
teorica, il valore strategico di una bioraffineria per questo Territorio, può
superare le potenzialità espresse dal polo chimico negli anni d'oro: oltre a
quella dei biocarburanti, infatti, è possibile innescare una serie di
produzioni, a partire da bio-lubrificanti, bio-tensioattivi, bio-solventi,
bio-vernici, bio-collanti, bio-inchiostri, bio-resine, bio-polimeri,
bio-plastificanti, bio-plastiche, il
cui risultato può essere quello di alimentare filiere che valorizzano
competenze professionali ed imprenditoriali del Territorio, in ambito chimico
ed impiantistico, che valorizzano una componente scientifica dell'Alto
Adriatico di eccellenza mondiale nel settore delle biomasse e chimica verde
(agrochimica), che attraggono investimenti complementari ed intersettoriali tra
Piccola/Media Impresa e Grande Impresa e attraggono Capitali Esteri e che
raccolgono le sfide del nuovo secolo: sostenibilità economica ed ambientale,
legame tra mercato globale e locale.
Con 100 milioni
di euro, è possibile realizzare una linea produttiva di green diesel, adeguata
a coprire i quantitativi di biocarburante da miscelare ai tradizionali che
vengono distribuiti da questa raffineria, non si tratta, di per sé stesso, di
un investimento che da solo può generare un cambiamento così epocale, ma se lo
aggiungiamo anche ad altri interventi analoghi, prospettati o compiuti anche da
altri soggetti, come quelli, ad esempio dell'Oleificio Medio Piave e di Cereal
Docks, otteniamo un insieme che è molto più che simbolico: è un vero inizio.
Il punto è che
ENI ha consegnato il biglietto vincente a questo Territorio, ma sta a noi ed
alle nostre Amministrazioni andare ad incassarlo: non è solo una questione di
autorizzazioni, serve ora un processo di integrazione infrastrutturale che,
anche se, considerando i progetti dell'Autorità Portuale, ha già enormi
potenzialità per quanto riguarda la logistica, è ancora privo di una piano
strategico che sia in grado di attirare investimenti per la realizzazione di
laboratori di ricerca per nuovi materiali, per il trasferimento delle loro
applicazioni su tecnologie e prodotti destinati al mercato di consumo e, per
questo, in grado di avviare produzioni ad alto valore aggiunto e, quindi, ad avviare nuova
imprenditorialità industriale ed artigianale.