venerdì 2 marzo 2012

Quale contratto per l'energia elettrica?



In genere, i fornitori di energia elettrica che operano nel mercato libero propongono, per la cd. “componente energia” (la parte della tariffa effettivamente negoziabile, pari a ca. il 65% del prezzo totale, al netto dell’IVA):

  • contratti a prezzo fisso, nei quali viene stabilito, per ogni fascia oraria (F1, F2, F3 oppure peak, off peak), un prezzo fisso e immutabile per l’intero periodo contrattuale (generalmente dal 1 gennaio al 31 dicembre);
  • contratti a prezzo variabile, nei quali il prezzo dell’energia, per ogni fascia oraria, varia, con cadenza generalmente (ma non necessariamente) mensile, sulla base delle variazioni di un dato indice.

Gli indici sono molteplici. Il più utilizzato in Italia è l’ITEC™, elaborato da Ref – Morgan Stanley, il quale ha il pregio di rispecchiare, piuttosto fedelmente, il mix utilizzato per la produzione di energia elettrica nel nostro Paese. Tuttavia molti fornitori di energia utilizzano, in funzione delle proprie modalità di approvvigionamento, indici diversi.

Le modalità di funzionamento dei contratti indicizzati sono varie, ma si possono ricondurre, sostanzialmente, alle seguenti:

  • viene stabilito un prezzo di base (cd. “P0″), a cui viene sommato l’indice, moltiplicato per un certo parametro; ad esempio (per la fascia F1): 45,20 €/MWh + 1,976 x indice It REMIX 80-20;
  • viene stabilito un prezzo di base, a cui viene sommata algebricamente la variazione dell’indice rispetto a un valore di riferimento già consuntivato, moltiplicato per una data percentuale di adeguamento all’indice; ad esempio (ancora per la fascia F1): 78,65 € MW/€ + (indice TEK9nc – 34,78 €/MWh) x 100%, dove 78,65 €/MWh è il P0, 34,78 €/MWh è il valore dell’indice TEK9nc a settembre 2009 e 100% è la percentuale di adeguamento all’indice.

Al momento della valutazione delle offerte, è opportuno richiedere ai fornitori le previsioni (forward) dell’indice per tutto il periodo contrattuale; in questa maniera è possibile prevedere l’andamento dei prezzi mese per mese. Naturalmente è possibile, anzi, probabile che, a consuntivo, i prezzi divergano rispetto alle previsioni.

I dati si riferiscono al costo medio calcolato sul profilo “in banda” (F1: 31,89%, F2: 23,45%, F3: 44,66%), che corrisponde al profilo di un utente ideale che consuma la medesima quantità di energia tutti i giorni, in tutte le 24 ore della giornata. Il costo “in banda” ha il vantaggio di permettere comparazioni tra offerte per utenti diversi; tuttavia, all’acquisto dell’energia elettrica, le valutazioni debbono essere effettuate sulla base degli effettivi profili mensili di consumo dell’utente.

Si può trarre la conclusione che i contratti indicizzati siano più convenienti rispetto quelli a prezzi fissi? Naturalmente no!

Infatti, è importante considerare quanto segue:

  • l’esempio citato, sebbene si riferisca a un caso reale, rappresenta un’eccezione: di solito, in base alle previsioni sull’andamento dell’indice, la differenza tra il contratto a prezzo variabile e quello a prezzo fisso è minima, se non addirittura nulla (in realtà una piccola differenza si giustifica per il costo della “copertura”, cioè del contratto derivato a cui il fornitore deve ricorrere per offrire il contratto a prezzo fisso);
  • certamente, per i contratti relativi al 2009, a consuntivo l’opzione per il prezzo fisso si è rivelata particolarmente conveniente (nell’esempio citato, il risparmio, rispetto al prezzo fisso, è stato del 10,5%, superiore del 5% rispetto alle previsioni); tuttavia non sempre gli indici rispettano le previsioni o addirittura le migliorano; ad esempio, nel 2008, a causa dell’escalation, che non era stata prevista, del costo del petrolio (il quale, nel mese di luglio 2008, aveva toccato la cifra record di 147 dollari al barile), chi aveva sottoscritto contratti indicizzati si è trovato a sostenere costi estremamente elevati.

Quali conclusioni è possibile trarre?

Dal mio punto di vista, i contratti a prezzo fisso hanno il grande vantaggio di stabilizzare i costi dell’energia elettrica per tutto il periodo contrattuale, conferendo assoluta certezza al budget (salvo variazioni dei consumi e/o dei profili di carico; tuttavia queste variazioni sono, tipicamente, più che neutralizzate da variazioni, dello stesso segno, dei livelli produttivi e, quindi, dei ricavi).

In genere, conviene ricorrere ai contratti a prezzo variabile nei seguenti casi:

  • allorché le differenze, a livello previsionale, tra le due tipologie di contratti siano estremamente elevate (come nell’esempio citato);
  • nei casi in cui gli indici siano basati su parametri ai quali è legato anche il livello di fatturato dell’azienda (l’esempio tipico è quello dei distributori di carburanti).

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